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Clausola Floor mutuo: esempi e sentenza Corte di Appello

Clausola Floor mutuo: esempi e sentenza Corte di Appello

Quando si parla di mutuo casa a tasso variabile, può capitare di sentir nominare la clausola floor: che cos’è, come funziona e quando è illegittima? A questo proposito nel settembre 2022 c’è stata un’importante sentenza della Corte d’Appello di Milano, che ha condannato una nota banca lombarda a risarcire i mutuatari: in casi analoghi si potrebbe così aprire la strada alla restituzione delle somme non dovute anche da parte di altri istituti di credito. 

Clausola floor: cos’è

La clausola floor (dall'inglese "pavimento") è il limite minimo sotto il quale il tasso d'interesse del mutuo a tasso variabile non può scendere. Questo tipo di prestito, infatti, è caratterizzato da un tasso di interesse (TAN) che, dall’inizio alla fine del piano di ammortamento, può aumentare o diminuire in base alle oscillazioni dei mercati finanziari. 

Clausola floor: come funziona

Ad ogni rata la banca calcola il valore del TAN, rilevando l’indice di riferimento (nella maggior parte dei casi l’Euribor) e aggiungendo ad esso lo spread, ovvero la percentuale di guadagno dell’istituto di credito.

Se l’Euribor scende, il TAN scende di conseguenza. Fino a che punto? Teoricamente senza limiti, a meno che non sia stato stabilito un floor, appunto: il TAN non può scendere sotto questo livello, il cui valore corrisponde di solito allo spread. 

Clausola floor mutuo variabile: esempi 

Prendiamo il caso di un mutuo a tasso variabile, che ha un tasso d’interesse composto da Euribor 1M + spread 1%, a cui viene applicata una clausola floor pari all’1%. 

Se l’Euribor 1M dovesse scendere fino a -0,5%, per esempio, il tasso d’interesse dovrebbe essere pari a +0,5%. Con il floor, invece, esso non potrebbe scenderebbe sotto l’1% (in pratica l’Euribor verrebbe convenzionalmente considerato pari a zero), vanificando così i vantaggi del mutuo a tasso variabile.

Facciamo un altro esempio: consideriamo due mutui a tasso variabile regolati con il criterio Euribor 1 mese + spread 1,50%. Supponiamo che l'Euribor 1 mese quoti -0,38%: in questo caso un mutuo senza la suddetta clausola floor costerebbe -0,38% + 1,50% = 1,12%. Al contrario, un contratto di mutuo con tale clausola determinerebbe invece un tasso dello 0% + 1,50% = 1,50%.

Clausola floor “vessatoria”: sentenza della Corte d’Appello di Milano

A partire dal 2010, e fino a metà 2022, il costo del denaro è sempre stato ai minimi storici, con un valore dell’Euribor anche negativo (dal 2015 in poi).

Questa situazione ha reso molto conveniente acquistare casa con un mutuo, perché la quota di interessi da pagare era molto bassa. Per tutelarsi dal rischio di eccessive perdite economiche, allora, alcune banche sono intervenute sui mutui a tasso variabile, introducendo la clausola floor. 

Con la sentenza n. 2836 del 6 settembre 2022, però, tale clausola è stata definita “vessatoria” dalla Corte d'Appello di Milano, che ha obbligato un importante istituto di credito lombardo a restituire ai clienti le somme già versate, ma non dovute, per l'applicazione del floor. 

In particolare, rifacendosi anche all’art. 33 del Codice del Consumo, la Corte d'Appello di Milano ha sottolineato che la clausola floor, anche quando chiaramente espressa nel contratto di mutuo e “malgrado la buona fede”, mette il mutuatario in una posizione di debolezza rispetto all’istituto di credito, a causa di “un evidente squilibrio tra i diritti e gli obblighi”: in pratica, una sola parte (la banca) trae pieno beneficio dalle variazioni a sé favorevoli dell’indice e limita il pregiudizio derivante dalle variazioni a sé sfavorevoli. 

Tale situazione “certamente ricorre nel caso di applicazione della clausola floor (non accompagnata da analogo meccanismo correttivo quale potrebbe essere quello derivante dall’applicazione di una clausola cap né da una riduzione dello spread)”, che non emerge nella modulistica prodotta in giudizio.

Scrive ancora la Corte: “La considerazione dell’indice Euribor come pari a zero nel caso che assuma valore negativo implica, infatti, l’obbligo del mutuatario di corrispondere gli interessi ad un tasso comunque pari allo spread pattuito, senza poter beneficiare interamente della variazione favorevole dell’indice, come invece può fare la banca mutuante, che non è soggetta ad alcuna limitazione nel caso di rialzo dell’indice”. E ancora, si specifica che tale situazione di significativo squilibrio non riguarda la convenienza economica, che non è sindacabile dal giudice, ma attiene proprio ai diritti e agli obblighi nascenti dal contratto.

Per quanto riguarda infine la restituzione ai clienti delle somme pagate, ma non dovute, i giudici milanesi hanno ordinato la pubblicazione della sentenza sul sito della banca e sul Corriere della Sera, considerato che le misure possono riguardare tutti i soggetti interessati, senza la necessità di ulteriori accertamenti.

Questo a livello di principio, perché poi la rimodulazione dei piani di ammortamento o la restituzione di somme versate richiede comunque “accertamenti della situazione di fatto, che è diversa per ogni singolo contraente, e che può essere ricostruita solo mediante l’esercizio di azioni individuali”. Secondo la Corte, insomma, è necessario procedere ad accertamenti caso per caso. 

Sta quindi ai singoli clienti la possibilità di far valere il proprio diritto, chiedendo la restituzione di una cifra equivalente alla differenza tra il tasso di interesse effettivamente pagato e quello che invece avrebbe dovuto essere versato senza la floor. Come? Attraverso il riaccredito delle somme sul conto corrente oppure con altre modalità, per esempio lo sconto sulle rate del mutuo in pagamento. 

La sentenza è molto importante, perché anche clienti di altre banche sono in attesa di giudizio sulla clausola floor.

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