Quando si possiede una seconda casa, magari in montagna o al mare, una delle domande ricorrenti è se sia lecito oppure no trasferirvi la residenza, in modo da ottenere l’esenzione dal pagamento delle imposte, in particolare l’Imu, su questo immobile.
Prima di prendere questa decisione, però, bisogna fare bene attenzione alla normativa, perché il rischio è quello di incorrere non solo in un illecito amministrativo, ma anche penale.
Innanzitutto, bisogna prima definire il concetto di residenza anagrafica, diversa dal domicilio. Ai sensi dell’art. 43 c.c., la residenza anagrafica rappresenta la dimora abituale di una persona, ovvero il luogo dove vive per la maggior parte dell’anno: può essere stabilita in un luogo diverso rispetto al domicilio, che invece è la sede principale dei propri affari ed interessi.
La residenza anagrafica non deve per forza coincidere con la prima casa, che da un punto di vista fiscale è l’abitazione che si acquista per prima, spesso usufruendo delle relative agevolazioni.
Definire il luogo della residenza è importante per sapere quali sono le imposte da versare, in particolare l'Imu, che a partire dal 2020 ha inglobato anche la vecchia Tasi, la tassa sui servizi indivisibili.
L’Imposta Municipale Unica (Imu), detta anche Imposta municipale propria, è una tassa di natura patrimoniale, il cui presupposto è la proprietà o il possesso di un bene. Si versa su tutti gli immobili posseduti ad eccezione dell'abitazione principale, ovvero quella dove si decide di stabilire la residenza anagrafica e dove si dimora abitualmente, che si tratti di prima o seconda casa.
Quando si trasferisce la residenza presso la seconda casa, si dichiara quindi di essere reperibili per la maggior parte dell’anno presso quella abitazione, che diventa così la dimora principale, e si ottiene l’esenzione dall’Imu.
Se però questo non corrisponde al vero, si rischia molto: si incorre infatti nel reato penale di falso in atto pubblico, che può essere punito con la reclusione fino a due anni, se si fa una dichiarazione falsa con il fine di eludere il pagamento delle imposte, oltre a incorrere nel reato di evasione fiscale.
Eventuali controlli possono essere effettuati dai Comuni, in quanto enti con competenza in materia di tributi locali, attraverso verifiche in loco. Se viene riscontrata la non reperibilità del dichiarante per la maggior parte dell'anno, anche attraverso la verifica dei consumi di luce e gas, viene emesso un atto impositivo, con cui si chiede il pagamento delle imposte non versate e degli eventuali interessi e sanzioni.
I Comuni possono quindi avviare gli accertamenti sulle seconde case e recuperare l’Imu non pagata negli ultimi cinque anni.
Infine, vediamo il caso particolare di due coniugi che risiedono e dimorano abitualmente in due case diverse, in Comuni differenti o anche nello stesso Comune. Una situazione abbastanza diffusa, considerata la sempre maggiore mobilità delle famiglie nella società moderna per motivi di lavoro.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 230 del 13 ottobre 2022 ha dichiarato illegittime le precedenti norme, che prevedevano il diritto all’esenzione IMU solo per l’abitazione che è sede della residenza anagrafica e della dimora abituale non solo del contribuente, ma anche dell’intero nucleo familiare.
In questo modo la Corte ha aperto la strada alla possibilità che l’esenzione IMU spetti ad entrambi i coniugi, che non hanno residenza anagrafica e dimora abituale nella stessa abitazione.
Per esempio, se il marito ha fissato la propria residenza a Milano e qui vive abitualmente, mentre la moglie vive stabilmente a Roma in un immobile in cui ha fissato a sua volta la residenza, su entrambe le case si potrebbe fruire dell’esonero dal pagamento dell’IMU.
Attenzione, però: non è un via libera automatico all’esenzione Imu per le seconde case. Non basta infatti che uno dei coniugi abbia trasferito solo la residenza anagrafica in una seconda abitazione, ma è importante che ci dimori abitualmente, quindi bisogna valutare caso per caso con molta attenzione.