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Rapporto rata-reddito: cos’è e come si calcola

Rapporto rata-reddito: cos’è e come si calcola

Quando si procede con la richiesta di mutuo alla banca, una delle fasi funzionali alla sua concessione è l’istruttoria, nella quale l’istituto valuta, tra le altre cose, la capacità economica del richiedente.
In questo contesto, tra i vari aspetti analizzati il rapporto rata-reddito riveste un ruolo importante: è infatti il parametro principale che la banca prende in considerazione per determinare la solvibilità dell’aspirante mutuatario.

A quanto ammonta tale rapporto e come si calcola?

Cos’è il rapporto rata-reddito mutuo?

Come accennato, il rapporto rata-reddito mutuo è una misura che la banca utilizza per stabilire se il richiedente è in grado di assolvere al rimborso del finanziamento. Si tratta di un indicatore che mette in relazione il reddito dell’aspirante mutuatario con la rata del mutuo: così facendo, l’istituto di credito può determinare quale valore percentuale del rapporto sia più corretto ai fini di una più agevole restituzione del prestito.

Quindi, è possibile pensare al rapporto rata-reddito come ad un indice della capacità del mutuatario di ripagare quanto ottenuto.

Uno strumento che si dimostra utile sia per la banca sia per il cliente poiché:

  • alla prima permette di verificare la solvibilità di chi fa richiesta; 

  • al secondo consente di poter programmare, con una certa tranquillità, le spese relative al mutuo.

 

Come anticipato, questo rapporto rientra tra le analisi che l’istituto di credito realizza nella fase di istruttoria, in particolare modo nel corso della valutazione creditizia, durante la quale viene studiata la situazione reddituale e patrimoniale dell’aspirante mutuatario, ma anche la sua storia creditizia, in modo da verificare eventuali problemi di insolvenza.

La fase di analisi del merito creditizio, noto anche come bureau score, permette quindi di avere una visione completa della capacità di credito del richiedente. Inoltre, consente alla banca di autorizzare, se richiesta, la pre-delibera mutuo (o voucher mutuo), grazie alla quale l’ente bancario dà un via preliminare alla concessione del finanziamento, prima ancora che sia stato individuato un immobile da acquistare.

Qual è il rapporto rata-reddito per il mutuo?

Per quanto riguarda il rapporto rata reddito per mutuo ogni istituto bancario può definire autonomamente il valore massimo accettabile affinchè il mutuatario venga considerato in grado di rimborsare il prestito. Di norma, però, questo valore si attesta intorno al 30-35% (quindi circa un terzo), che è il limite suggerito da Bankitalia, anche se alcuni istituti di credito possono arrivare al 40%.
Applicato al reddito mensile del mutuatario, questo valore permette di stabilire qual è il massimo importo che la rata può assumere.

Tuttavia, nel fare questo calcolo la banca considera diversi aspetti che possono avere rilevanza, come il tasso d’interesse: nel caso del tasso fisso la percentuale del rapporto rata reddito può essere più elevata, mentre con il variabile si resta su un valore inferiore in modo da lasciare un margine di rialzo. Se il rapporto rata reddito è già al limite della sostenibilità, infatti, come potrà il mutuatario far fronte ad eventuali aumenti futuri del tasso d’interesse variabile? Il tasso fisso dà evidentemente maggiori garanzie, sia al richiedente che all’istituto creditizio.

Anche l’eventuale presenza di altre spese per finanziamenti già in corso è un aspetto che viene considerato molto attentamente. Infatti, se il richiedente ha già sottoscritto un prestito con durata superiore ai 6 mesi, questa somma viene detratta dal reddito netto e quindi la percentuale di capienza per il mutuo viene calcolata sulla differenza rimanente. Per questo motivo, quando possibile, è bene estinguere i prestiti in corso, soprattutto se di valore importante, prima di fare richiesta per un finanziamento casa.  

Inoltre, l’istituto di credito vuole assicurarsi che l’esborso rateale possa avvenire anche qualora si verificasse una diminuzione della capacità reddituale del soggetto (nel caso per esempio di un lavoratore a partita Iva), il quale deve essere sempre in grado di poter pagare le normali spese quotidiane.

D’altra parte la banca tiene anche conto di un possibile aumento della retribuzione nel corso degli anni, nonché della finalità del finanziamento: se si tratta di un’esigenza fondamentale come la prima casa è possibile che il rapporto rata reddito richiesto dall’istituto di credito sia meno stringente rispetto ad un mutuo per consolido prestiti. 

E ancora, un altro possibile fattore che può incidere sulla decisione della banca l’appeal dell’immobile, in particolare la sua ubicazione, da cui dipende la facilità con cui potrà essere rivenduto in futuro dall’istituto di credito, nel caso in cui il mutuatario non dovesse riuscire a rimborsare il prestito: le grandi metropoli come Milano o Roma hanno certamente un’attrattiva maggiore rispetto a regioni più periferiche dove il mercato del mattone è meno vivace. 

Rapporto rata reddito e limite di sussistenza

Il rapporto rata reddito è il parametro principale per determinare la solvibilità del mutuatario, ma molte banche affiancano ad esso un altro parametro molto importante, il limite di sussistenza o soglia minima di sussistenza, ovvero ​​la somma su cui una persona o una famiglia devono poter contare per soddisfare le esigenze primarie di vita.  Per esempio, al netto del mutuo resta un importo sufficiente per fare la spesa, pagare le bollette o mantenere i figli?

Supponiamo che un genitore abbia una busta paga di 1.500 euro e una rata mutuo di 500 euro al mese: teoricamente il rapporto rata/reddito sotto il 35% viene rispettato, ma se si considera la presenza di un figlio al nucleo familiare non resta il necessario per vivere. In linea di massima il limite minimo di sussistenza per un singolo individuo viene quantificato dalle banche in 800 euro mensili, a cui bisogna aggiungere 200 euro per ogni membro della famiglia.  

Cosa fare se il rapporto rata reddito è troppo alto?

Come comportarsi se al termine dell’istruttoria il rapporto rata reddito dovesse risultare troppo elevato per ottenere la concessione del mutuo? Per provare a risolvere il problema ci sono diverse strade percorribili. Per esempio, fare ricorso ad un garante, spesso un parente stretto, che possa intervenire a supporto dell’aspirante mutuatario, soprattutto quando si tratta di mutuo prima casa.

Un’altra opzione, se si ha della liquidità a disposizione, è quella di diminuire la cifra chiesta in prestito, abbassando il Loan to Value: il valore della rata da pagare diminuirà e il rapporto rata reddito migliorerà, perché l’impegno economico mensile sarà meno gravoso. 

Un’altra opzione ancora è quella di allungare la durata del finanziamento: anche in questo caso il valore della rata si abbasserebbe, perché il rimborso del capitale verrebbe spalmato su un numero maggiore di anni.

Infine, non bisogna dimenticare che ogni istituto di credito ha una sua linea precisa: confrontando diverse banche, anche con la consulenza gratuita degli esperti di Telemutuo.it, si può individuare l’istituto che è disposto ad approvare il rapporto rata reddito più elevato. 

Come si calcola il rapporto rata-reddito per il mutuo?

Nel calcolo del rapporto rata-reddito mutuo entrano in gioco tre fattori:

  • il reddito netto mensile del richiedente;

  • il parametro limite stabilito dalla banca, solitamente il 30-35%;

  • la rata del piano di ammortamento.

Se si vuole calcolare quest’ultimo valore, ottenendo l’importo massimo che potrebbe assumere la rata, si deve applicare il parametro rata/reddito stabilito dalla banca al reddito netto mensile del cliente. Per esempio, se il richiedente avesse un guadagno mensile di 1.900 euro netti, l’importo massimo della rata non dovrebbe superare i 570/665 euro, a seconda che la percentuale applicata sia del 30% o del 35%.

Fin qui è stato sempre considerato il calcolo mensile del rapporto rata reddito, ma si può anche procedere su un arco temporale di 12 mesi. In questo caso si confrontano il reddito annuale del mutuatario e la rata annuale indicata nel piano di ammortamento, che non deve comunque essere superiore a un terzo dei guadagni ottenuti nell’arco di un anno. 

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