Accendere un mutuo è generalmente una grossa responsabilità, che ci si assume dopo aver ben ponderato le proprie disponibilità economiche e la propria capacità di sostenere il rimborso del prestito, pagando ogni mese una determinata cifra.
Purtroppo però può capitare, per diversi motivi, che a un certo punto ci si trovi nell’impossibilità di far fronte a questa spesa.
Ecco perché è importante sapere cos’è l’anatocismo sul mutuo, che può subentrare quando si paga la rata del mutuo in ritardo o non la si paga affatto.
L’anatocismo indica la capitalizzazione degli interessi di un debito. Come funziona? Quando si contrae un debito con un creditore, di solito la somma da restituire comprende il capitale preso in prestito e gli interessi calcolati su quel capitale.
In caso di anatocismo, invece, il creditore richiede ulteriori interessi sugli interessi già maturati, ma non pagati da parte del debitore moroso, e aggiunge tali interessi non pagati al totale del capitale da restituire, con la conseguenza che il capitale residuo aumenta anziché diminuire.
L’anatocismo ha una lunga storia, tanto che già gli antichi romani lo avevano vietato. La correttezza dell’anatocismo, infatti, è da sempre dibattuta e la stessa giurisprudenza italiana se n’è occupata anche con sentenze recenti.
La legislazione nel nostro Paese vieta l’anatocismo per qualsiasi operazione bancaria, ma la Banca d’Italia ha specificato che, se il cliente paga in ritardo la rata del mutuo o del finanziamento, è invece legittima l’applicazione dei cosiddetti “interessi di mora”, che vengono calcolati sull’intero importo della rata, quindi sia sulla quota capitale che sulla quota interessi, senza capitalizzazione.
L’applicazione degli interessi di mora deve essere sempre ben dichiarata e regolata dal contratto tra banca e cliente, nel rispetto del Codice civile, senza sfociare nell’usura.
Per capire meglio, intanto, può risultare utile un esempio di anatocismo ed interessi di mora.
Una persona accende un mutuo per cui paga 400 euro di quota capitale e 100 euro di interessi. In totale, quindi, ogni mese deve pagare alla banca 500 euro.
A un certo però, non può più far fronte a questa spesa: non paga una rata e la banca, quindi, gli aggiunge un interesse di mora del 5%.
Che cosa la banca non può fare?
Prendere la quota interessi e capitalizzarla, ovvero applicare l’anatocismo: se il capitale residuo è 100.000 euro, la banca non può prendere la quota interessi della rata non pagata (quindi 100 euro) e aggiungerla al capitale residuo, andando così, dalla rata successiva, a calcolare gli interessi dovuti su 100.100 euro.
Se così facesse, aumenterebbe esponenzialmente il debito residuo del mutuatario, rendendo molto difficile la possibilità di abbatterlo.
Può capitare di sentire parlare di anatocismo ed interessi passivi. Innanzitutto, che cosa sono? Se gli interessi attivi, o creditori, sono quelli che la banca deve pagare al cliente per le somme che questo deposita nel proprio conto, gli interessi passivi, o debitori, sono quelli che il cliente deve pagare alla banca per le somme di denaro da lei prese in prestito, con un mutuo oppure sotto altra forma.
Per esempio, il titolare di un conto corrente, oltre a depositare soldi, può disporre di un certo credito disposto dalla banca: in caso di scoperto di conto o apertura di credito l’istituto può applicare degli interessi passivi.
Per il pagamento di tali interessi relativi a un conto corrente, però, la Banca d’Italia ha stabilito delle regole precise. Innanzitutto bisogna chiarire che gli interessi passivi maturati non possono produrre altri interessi.
Gli interessi passivi, poi, devono essere calcolati con lo stesso intervallo temporale di quelli attivi. Il periodo di calcolo non può essere minore di un anno e il termine per il calcolo è il 31 dicembre, ma il pagamento è dovuto al 1° marzo dell’anno successivo.
Se invece il conto viene chiuso durante l’anno, il pagamento degli interessi passivi è previsto al termine del rapporto contrattuale.