Può capitare di avere in casa un abuso edilizio e di scoprirlo dopo anni, oppure di trovarsi a commetterne uno magari per ignoranza delle normative. Il più delle volte, la violazione è minima e la situazione è risolvibile con una sanatoria.Ma cosa succede quando questo non è possibile? Non tutti sanno cosa fare in caso di abuso edilizio non sanabile: cerchiamo di capirlo.
Quando si vuole costruire un immobile o ristrutturarne uno già esistente, è necessario richiedere dei permessi in comune e/o rispettare le normative edilizie vigenti. Quando ciò non succede, si ha un abuso edilizio.
In altre parole, l’abuso edilizio è una violazione della normativa edilizia, che si verifica ogni volta che c’è una difformità tra ciò che viene costruito e ciò che è stato autorizzato. Per esempio, si può non rispettare la destinazione d’uso prevista, o la planimetria o la volumetria autorizzate. In base alla gravità del fatto, comunque, l’abuso edilizio può essere totale, sostanziale o minore.
Spesso gli abusi edilizi si possono sanare, purché l’intervento rispetti la normativa edilizia in vigore nel momento in cui è stato effettuato e quella in vigore nel momento in cui viene richiesta la sanatoria. In altre parole, si dice che l’abuso edilizio è sanabile quando rispetta la doppia conformità urbanistica. Presentare un Permesso di costruzione (PDC) in sanatoria o una SCIA in sanatoria ha comunque un costo maggiorato. Per esempio, il contributo di costruzione va versato in misura raddoppiata.
Esistono, però, dei casi di abuso edilizio non sanabile. Se l’intervento effettuato non rispetta la doppia conformità, infatti, non è possibile richiedere la sanatoria. Ciò succede quando, per esempio, l’immobile è stato costruito senza PDC o licenza comunale, su terreni sottoposti a vincoli ambientali e paesaggistici, o quando l’intervento abusivo è stato effettuato su edifici sottoposti a tutela storico-artistica.
In caso di abuso edilizio non sanabile, non è quindi possibile regolarizzare la propria posizione tramite il pagamento di una sanzione amministrativa. L’unica soluzione, in questo caso, è il ripristino dello stato dei luoghi. In altre parole, entro 90 giorni dall’ingiunzione di ripristino da parte del comune, il proprietario deve demolire l’immobile abusivo o rimuoverne le parti aggiunte o modificate abusivamente.
L’ordine di demolizione di un immobile abusivo può, tuttavia, non mettere fine alla vicenda. L’articolo 34 bis comma 1 del Testo Unico sull’Edilizia, infatti, recita così: “Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2% delle misure previste nel titolo abilitativo”.
Ciò vorrebbe dire che tutti gli interventi che modificano l’immobile oltre il 2% della planimetria depositata in comune sono abusi non sanabili e cioè da demolire. In realtà la sentenza n. 3666/2021 del Consiglio di Stato ha aperto alla possibilità di valutare caso per caso se effettivamente l’intervento che supera il limite del 2% sia da considerare in automatico destinato alla demolizione.
Quando invece l’ordine di demolizione è legittimo ma non viene eseguito, l’immobile abusivo e il suolo su cui questo è stato costruito diventano proprietà del comune. L’acquisizione avviene di diritto, gratuitamente, purché l’area interessata non superi di dieci volte o oltre quella abusivamente costruita.
Esistono poi dei casi in cui, nonostante l’abuso edilizio insanabile, il comune decide di non procedere alla demolizione.
Ciò succede quando una perizia tecnica stabilisce che la demolizione delle parti abusive apporterebbe danni strutturali all’edificio, compromettendone la stabilità e l’agibilità. In questo caso, però, l’ordine di demolizione si tramuta in una sanzione pari al doppio del costo previsto per l’abbattimento.
L’abuso edilizio è un reato, per cui è prevista la prescrizione. In particolare, la prescrizione per l’abuso edilizio scatta dopo 4 anni dal completamento dell’opera, oppure, se il responsabile è rinviato a giudizio per tale reato, dopo 5 anni dall’inizio del procedimento senza che sia stata emessa una sentenza.
Attenzione, però: la prescrizione riguarda solo la sanzione penale, non la demolizione. Se è stato emesso un ordine di demolizione, infatti, questo va rispettato anche se nel frattempo il reato è caduto in prescrizione, o se l’immobile ha cambiato proprietario. In questo caso, infatti, il responsabile resta chi ha compiuto l’abuso, ma il nuovo proprietario dovrà comunque rispettare l’ordine di demolire l’immobile o le sue parti abusive.